IL TEMPO NELLA LITURGIA
Il calendario liturgico e il tempo nella celebrazione
La nozione di tempo nella liturgia ha una doppia connotazione. Si parla di tempo, quello del trascorrere dei giorni ed è scandito da un calendario prefissato e preciso; ma c’è anche il tempo nella liturgia, nell’azione liturgica, il quale non ha una connotazione temporale, ma esperienziale. Per comprendere il tempo della e nella liturgia dobbiamo dimenticare lo schema del calendario civile.
Il tempo liturgico, quello del trascorrere dei giorni è suddiviso in cinque tempi diversi: avvento, natale, quaresima, pasqua, ordinario. L’anno inizia con la prima domenica di avvento che apre il cammino verso il natale, ed essa è la quart’ultima domenica prima del 25 dicembre. Si intuisce subito che l’inizio dell’anno liturgico non avviene sempre nello stesso giorno, come per il calendario civile (1 gennaio), ma varia di anno in anno. Il tempo di natale inizia con la celebrazione del Natale, non con il giorno di Natale (questo lo approfondiremo nella seconda parte). Questo tempo trova la sua conclusione la domenica dopo l’Epifania del Signore.
Dal lunedì successivo e fino al martedì prima del “mercoledì delle ceneri” inizia la prima parte del tempo ordinario che collegato con la seconda parte la cui ripresa si ha il lunedì dopo la domenica di Pentecoste. Il tempo ordinario, dunque, è diviso in due parti: tra la fine del tempo di natale e l’inizio della quaresima; la seconda parte da dopo la Pentecoste fino all’inizio dell’avvento.
Con il mercoledì delle ceneri inizia il grande tempo della quaresima che termina con l’inizio (celebrativo) del giovedì Santo. La durata di 40 giorni della quaresima sono anch’essi non effettivi ma celebrativi. Infatti, i giorni che intercorrono tra il mercoledì delle ceneri e il giovedì Santo, sono 44, tra il mercoledì delle ceneri e il sabato Santo sono 46. Ma il carattere penitenziale della quaresima non può essere vissuto nella domenica, pasqua della settimana, poiché è il giorno del Signore e «non può digiunare un invitato alle nozze quando lo sposo è con lui» (cfr. Mc 2,19-20). A questo conteggio, dunque, vanno tolte le 6 domeniche (le 5 di quaresima e la domenica delle Palme). Si ottengono così i 40 giorni della quaresima, ma sono 38 se arriviamo fino al giovedì Santo[1]. Perché il Triduo Pasquale non è tempo di quaresima? Qui, in modo particolare, notiamo la differenza della nozione di tempo nella liturgia rispetto alla concezione nostra quotidiana. Il Triduo Pasquale è un’unica celebrazione che inizia con il segno di croce nella celebrazione della Coena Domini e termina con il segno di croce della benedizione pasquale. Noteremo, infatti, che la celebrazione della Coena Domini non termina con la consueta benedizione, ma con la reposizione del Santissimo Sacramento; lo stesso avviene nella celebrazione della Passione del Signore dove a sciogliere l’assemblea sono “solo” parole di benedizione senza alcun gesto. Se la celebrazione “non viene mai chiusa” da una benedizione, essa non deve nemmeno essere aperta da un segno di croce, infatti, né la celebrazione della Passione del Signore, né la veglia pasquale iniziano con il segno di croce, ma con la prostrazione da parte dei ministri la prima, con la benedizione del fuoco nuovo la seconda. Anche se avvengono in 3 giorni diversi esse non possono essere considerate 3 celebrazioni separate ma solo un’unica celebrazione distinta in vari momenti, giorni.
La celebrazione della Pasqua avviene nella Veglia pasquale, la quale non ha la caratteristica “tradizionale” della veglia intesa come attesa, ma come unica e vera celebrazione della Pasqua. La Veglia pasquale non si celebra il sabato Santo poiché in questo giorno «la Chiesa sosta presso il sepolcro del Signore, meditando la sua passione e morte, astenendosi da celebrare il sacrificio della messa»[2]. L’azione liturgica potremmo dire è “atemporale”, fuori dalla concezione del tempo inteso in senso moderno, anche se fissata in un tempo ben preciso e calcolato. La Veglia pasquale è il cuore della vita della Chiesa e di ogni cristiano e il giorno viene calcolato in questo modo: la domenica di Pasqua è la prima domenica dopo il primo plenilunio di primavera; come dice l’annuncio del giorno di Pasqua che viene letto il giorno dell’Epifania del Signore, «dalla Pasqua scaturiscono tutti i giorni santi»: quaresima, Pentecoste, l’inizio dell’avvento.
Con la domenica di Pasqua inizia il tempo pasquale e trova il suo termine la domenica della Pentecoste nella quale ricordiamo la discesa dello Spirito Santo sugli Apostoli nel cenacolo. Come ricordato sopra la seconda parte del tempo ordinario inizia il lunedì dopo la Pentecoste per terminare con l’inizio della prima domenica di avvento.
Come indicato all’inizio il tempo nella liturgia ha una doppia connotazione. Fino a qui abbiamo visto il tempo nello scorrere dei giorni incrociando inevitabilmente la concezione del tempo nella liturgia impattandone la complessità. Proviamo ad entrare dentro questa complessità. Quando noi compiamo un’azione liturgica celebriamo sempre e solo la pasqua di Gesù fatta di passione, morte, risurrezione e ascensione al cielo. Dunque, quando noi celebriamo riandiamo a vivere quel momento, quell’esperienza di Gesù. L’azione liturgica ci porta dentro il mistero “della nostra redenzione”, veniamo “catapultati” nel Golgota, nel sepolcro prima pieno e poi vuoto con la roccia rotolata via. Nella celebrazione dell’Eucarestia non avviene il ricordo di un momento della vita di Gesù, ma si celebra il memoriale della sua passione, morte e risurrezione. Questo avviene sempre. Quando, ad esempio, noi festeggiamo il Natale, celebriamo la pasqua di Gesù nel mistero dell’incarnazione. L’azione liturgica, la celebrazione è un’esperienza e un incontro con Dio che non può essere incasellato in un determinato orario e in un determinato giorno. Rimanendo all’esempio del Natale, il più emblematico, vediamo cosa vuol dire non incasellare l’esperienza e l’incontro con Dio dentro ai nostri schemi temporali. Tradizionalmente noi festeggiamo il Natale con la “Messa di mezzanotte”. Questo modo di dire porta ad insinuare che il Natale inizia alla mezzanotte o il ricordo della nascita di Gesù si possa fare appena scatta il 25 dicembre. Ma il Natale ha 4 celebrazioni diverse, da celebrare in 4 orari diversi, per ricordare il Natale. Abbiamo infatti la Messa vespertina, la Messa della notte, Messa dell’aurora e quella del giorno. La prima può essere celebrata al tramonto del sole del 24 dicembre, la seconda nella notte tra il 24/25 dicembre, la terza alle luci dell’alba e l’ultima nella mattina/giornata del 25. In tutte e 4 le celebrazioni noi contempliamo il mistero dell’incarnazione.
La dimensione del tempo nella celebrazione ha la estensione della relazione: se mi do appuntamento con un amico al bar per un caffè, c’è un tempo e un luogo nel quale questo incontro avviene, ma la relazione che tra me e lui si instaura va oltre quel luogo e quel tempo. Lasciamoci trasportare dall’intensità della nostra relazione con il Signore Gesù vivendo in modo pieno quell’incontro settimanale «fonte e culmine» della nostra vita cristiana.
[1] Per un approfondimento storico sui giorni della quaresima consigliamo questo breve articolo di Avvenire https://www.avvenire.it/chiesa/pagine/capire-la-quaresima-2021-al-tempo-del-covid
[2] Note liturgiche per il sabato Santo del Messale Romano.